Dopo dieci anni di attività il quintetto rock garage perugino dei
Mighties pubblica il primo disco dopo quattro EP. “Augustus” è stato mixato da Jacopo Gigliotti dei Fast Animals And Slow Kids e spedito per
il master negli Stati uniti. Il risultato? Le 11 tracce seguono un discorso
molto delicato, immettere dosi di punk poppettaro nel revival del revival, in
quel neo-neo-garage che da 15 anni è diventato una nota costante nel
pentagramma del rock contemporaneo. Come funziona il meccanismo? I puristi
immettono tocchi di Cramps nella lezione dei Fuzztones, e un paio di piccole
citazioni dei Cynics e dei Fleshtones, quando va bene; altrimenti, Strokes e
White Stripes con la loro protervia commerciale di bassa lega. Gli italiani
Mighties stanno a metà del guado in buona compagnia dei loro maestri, i Black
Lips. Ciò comporta o genialità o indecisione, come in questo caso. Il disco è
pieno di idee e suggestioni, le composizioni denotano effettivi miglioramenti
ma la produzione, sebbene migliore degli episodi precedenti, non sfugge al
solito clichè italiano post-progressive anni ‘70: la voce davanti agli strumenti,
e questo nel rock è suicidio. Il tipico hammond e la chitarra paiono registrati
negli anni ’50, il tentativo è quello di cercare l'aroma speziato del passato
ma tutta l'architettura non regge. Chinese
Drop e Casablanca sono le canzoni
che spiccano in questo breve disco, ed è un peccato che in Italia si continui a
registrare rock per una metà imitando e per l'altra adattando mezzi
insufficienti ai climi altrui. Con le giuste mosse comunque i Mighties
potrebbero avere qualcosa da dire in futuro.
Luca Volpe
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