domenica 22 settembre 2019

Liam Gallagher - "Why Me? Why Not."

Liam Gallagher - "Why Me? Why Not." (Warner Records, 20 Settembre 2019)

Liam Gallagher è Liam Gallagher, da lui non possiamo aspettarci che faccia nulla di diverso da quello che ama e che ha sempre amato. “Why Me? Why Not.”, il secondo album solista dell’ex frontman degli Oasis, è una piena conferma di quello che di lui si è sempre detto: arrogante, diretto, un bad boy della periferia popolare di Manchester col cuore d’oro. Quarantasette anni non hanno cambiato di una virgola il suo mood, la sua attitudine. E questo nuovo disco è esattamente lo specchio del Liam che tutti conosciamo e che tantissimi amano. Già, perché se il fratello maggiore Noel ha avvertito la (legittima, beninteso) esigenza di provare qualcosa di nuovo, di sperimentare fra dance, elettronica, ritmi latini e tanto altro ancora con risultati che fanno discutere i fan più accaniti della coppia Gallagher-Gallagher, il buon Liam tira dritto per la sua strada. Puro brit-sound che spazia fra Beatles, Stones, Who e la cara lezione mancuniana che ha creato quei fertili presupposti per l’epopea degli Oasis negli anni ’90 e ’00. Appena messo il disco nel lettore parte Shockwave, un pezzo dal sapore brit-pop della prima ora: aggressivo, sporco ma mai dimentico di quel gusto melodico che ha fatto le fortune della famiglia Gallagher.

L’espressività di Liam in qualità di autore e non solo di interprete dei brani, che avevamo già intravisto nel precedente “As You Were”, adesso è un’epifania: la perfezione della voce risiede proprio in quel tono cantilenante che il Nostro ha ritrovato intraprendendo la carriera solista. Once è una ballad semiacustica che s’impone di diritto fra i pezzi più belli dell’epopea gallagheriana, capace di rivaleggiare con i grandi inni dei 90’s usciti dalla penna di Noel. Già, Noel… L’ombra del fratellone aleggia su Liam, che però stavolta sa servirsene con maestria: a lui (sostengono i bene informati) è dedicata One of Us, e l’ermeneutica più attendibile lascia intendere che i tre bambini che compaiono nel video siano proprio Liam, Noel e il fratello maggiore Paul (che fa il dj e che sovente segue Liam nei suoi spostamenti in tour).

Insomma, un duro dall'animo dolce: il più piccolo dei fratelli Gallagher affida a uno slancio di tenerezza quello che – a giudizio di chi scrive – è il brano più bello del disco. La ballata pop Now that I’ve Found You è, questa volta a esplicito dire dello stesso autore, dedicata a Molly, la figlia illegittima che Liam ebbe durante un tour in America al tempo degli Oasis e che di recente ha ritrovato e riconosciuto («Now that I’ve found you don’t go», recita il verso che chiude un ritornello accattivante).

Nel mezzo tante altre cose interessanti, a partire dal gusto pop-psichedelico di Meadow, passando per le sonorità più taglienti di Halo, l’incedere cadenzato di Be Still e della title-track, le orchestrazioni dal sapore beatlesiano di Alright Now (che ritroviamo anche fra i bonus con Gone e Glimmer) e la prepotenza di The River. La versione deluxe del disco propone, infine, il rock ‘n’ roll più duro di Invisible Sun e la dolcezza della ballata acustica Misunderstood.

Un disco pieno, di suoni e significati, una consacrazione per l’ormai ex ragazzaccio di Manchester, che fra una pinta di birra e una spacconata sa tirare fuori pezzi che lo innalzano nell’Olimpo delle ultime grandi rock star. Mani dietro la schiena, un guardaroba pieno di parka e scarpe da ginnastica: Liam Gallagher è sempre lui, e ogni volta è una (piacevole) sorpresa.

Liam Gallagher                                                                                           
                                                                                                     Riccardo Resta
                                                                                                     




sabato 21 settembre 2019

Shob - "Solide"

Shob - "Solide" (La Route Productions - Glass Onyon PR, 3 Maggio 2019)

Copertina in stile Deathspell omega; foto interna degna degli Amorphis; disco alla Gojira? Invece no. Questo “Solide” è il terzo lavoro di Shob, nome del progetto del bassista e chitarrista tedesco residente in Francia Geoffrey Neau. Come sempre s'avvale di un esercito di collaboratori per un lavoro che esce a distanza di un anno dal precedente “Karma Obscur”, e in esso viene suonata una Fusion che tenta strade nuove rispettose della gloriosa tradizione dello stile. Abbandonato quasi ogni elemento metal, espandendo il suono con sezioni di fiati, il musicista lascia sempre spazio agli altri strumenti e cerca di buttarsi a capofitto nella variante jazz funk del genere. Il risultato? Un mix. Lo spunto è (ovviamente) l'Herbie Hancock di “Headhunter” ma non i funamboli dello strumento come Miller e Clarke, anche se nell'insieme il disco gira dalle parti dell'armata Davis. Solide si apre infatti con Hostile, una canzone scandita ritmicamente da una chitarra molto leggera e dall'intenso dialogo fra la sezione ritmica e l'hammond; Primal Fear tenta un azzardato ma ben riuscito gioco d'incastri fra basso, chitarra, batteria e sezione fiati, notevole. Il tentativo riesce meno su Vertige, dove però si fanno apprezzare aperture melodiche della chitarra che vanno in cerca di territori. La noia fa capolino in Memoire, dove proprio il basso trascina verso il fastidio gli sforzi della chitarra di tessere una trama piacevole. Assai più divertente La Brèche, con tutti gli strumenti che concorrono a creare un clima saltellante.

Turbo Zulu è un brano dal basso minaccioso e dalle venature delle tastiere che ricordano le sonorità di Stevie Wonder. What now? prova invece il dialogo fusion fra gli anni ‘70 e ‘80 della fusion, esperimento interessante in cui però i secondi e anzi, il funky più cinematografico prende il sopravvento. Lo spettro del doo-wop s'aggira fra i rintocchi di note sparse di Totem e lo scratch usato come ariete per portare la canzone su lidi nuovi, ma sempre in bilico con il perdersi nella pretestuosità. La chiusura del disco è affidata alla godibile Dr. Gros Zozo, il brano migliore, in cui si palesa l'influenza dei migliori RHCP, quelli ironici e selvaggi di “Freaky Stiley”. A ben ascoltare è però Solide è il brano che Neau vorrebbe simbolo del disco  (e l'unico cantato) di questo strano lavoro: Célia Marissage domina la musica con il suo canto tardo soul e il suo rap dalla dizione rapida e stentorea, mentre il gruppo s'inerpica sugli anni ‘70 più accesi e di fatto si perde in un'atmosfera che con il canto non ha nulla a che vedere. Qual è il reale problema di questo disco? La produzione. Affidata in tutto ad un'unica persona (David Thiers), come accade spesso oggi ha assecondato il musicista pagante senza portarlo nella direzione a lui più consona. Shob è un progetto che nacque con strizzate d'occhio al metal tali da renderlo un crossover interessante. La volontà di sperimentare e sbalordire c'è, è però offuscata da una guida pressappochista che danneggia l'impatto sonoro, con scelte sui singoli strumenti poco condivisibili in molti frangenti. Per il resto Solide si lascia ascoltare e lascia aperte le porte a sviluppi promettenti, nel rock e non nel jazz.  

Shob           Ascolta  Solide
                                                                                                               Luca Volpe






Mammoth weed wizard bastard - "Yn ol i Annwn"

Mammoth weed wizard bastard - "Yn ol i Annwn " (New heavy sounds - marzo 2019) Disastri della critica: stroncato o elogiato, Y...