Nebula:
“Holy Shit” (Heavy Psych Sounds, 7 Giugno 2019)
Esce per la label italiana Heavy Psych Sounds,
specializzata in contaminazioni tra hard-heavy-psychedelic-space-desert-stoner
rock, il nuovo lavoro del trio americano Nebula, formato e guidato da sempre
dal chitarrista/cantante compositore Eddie Glass, fuoriuscito nel 1997 dai
desert-rockers Fu Manchu. Ma chi, incoraggiato da questa premessa e
aggiornatosi attraverso le loro note biografiche, fosse alla ricerca in questo
nuovo "Holy Shit" delle suddette contaminazioni rimarrebbe non poco
deluso, o perlomeno soddisfatto in misura molto ridotta. L'equilibrio dei nove
brani infatti è pericolosamente sbilanciato verso un heavy-hard rock di stampo
black-sabbathiano poco originale se non noioso che lascia scarsissimo spazio a
desiderabili contaminazioni con quelle limitrofe suggestioni rock cui si
accennava all'inizio dell'articolo. Le poche porzioni del disco più godibili e
davvero apprezzabili sono proprio quelle (Messiah, Gates Of Eden, The Cry of a
Tortured World) in cui su un heavy prepotente prevalgono modalità moderatamente
psichedeliche e indirizzate su un mood musicale più dilatato e vario. Il power
trio insomma fa una scelta ben precisa, serializzando una tendenza già molto
presente nei suoi precedenti dischi, rinunciando a una dinamica che poteva
rivelarsi molto più creativa, sposata da altri loro colleghi della stessa scena
musicale.
Pasquale Boffoli
Nebula:
“Holy Shit” (Heavy Psych Sounds, 7 Giugno 2019)
Esce per la label italiana Heavy Psych Sounds,
specializzata in contaminazioni tra hard-heavy-psychedelic-space-desert-stoner
rock, il nuovo lavoro del trio americano Nebula, formato e guidato da sempre
dal chitarrista/cantante compositore Eddie Glass, fuoriuscito nel 1997 dai
desert-rockers Fu Manchu. Ma chi, incoraggiato da questa premessa e
aggiornatosi attraverso le loro note biografiche, fosse alla ricerca in questo
nuovo "Holy Shit" delle suddette contaminazioni rimarrebbe non poco
deluso, o perlomeno soddisfatto in misura molto ridotta. L'equilibrio dei nove
brani infatti è pericolosamente sbilanciato verso un heavy-hard rock di stampo
black-sabbathiano poco originale se non noioso che lascia scarsissimo spazio a
desiderabili contaminazioni con quelle limitrofe suggestioni rock cui si
accennava all'inizio dell'articolo. Le poche porzioni del disco più godibili e
davvero apprezzabili sono proprio quelle (Messiah, Gates Of Eden, The Cry of a
Tortured World) in cui su un heavy prepotente prevalgono modalità moderatamente
psichedeliche e indirizzate su un mood musicale più dilatato e vario. Il power
trio insomma fa una scelta ben precisa, serializzando una tendenza già molto
presente nei suoi precedenti dischi, rinunciando a una dinamica che poteva
rivelarsi molto più creativa, sposata da altri loro colleghi della stessa scena
musicale.
Pasquale Boffoli
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